La bellezza fa bene alla salute: via l’Iva dalla chirurgia estetica

Brutte notizie per chi vuole sottoporsi a operazioni di chirurgia estetica: l’esenzione Iva può applicarsi solo in limitati casi, ecco di quali si tratta.  

Il ricorso alla chirurgia estetica è sempre più frequente, tanto che in Italia ci sono dei trattamenti molto richiesti per migliorare il proprio aspetto. Nella maggior parte dei casi le prestazioni sono soggette a Iva, ma vi sono casi in cui la stessa non è dovuta perché viene classificata come prestazione medica con finalità terapeutica.

Cambi in vista per la chirurgica/ foto Pixabay

Gli interventi volti a migliorare l’aspetto fisico di una persona possono infatti avere risvolti pratici anche sulla salute, migliorandola. Proprio da tale natura ibrida nasce la difficoltà nel determinare se agli interventi debba essere applicata l’esenzione Iva prevista dall’articolo 10, n.18, del dpr 633 del 1972.

Chirurgia estetica ibrida: vanità o finalità terapeutica?

Cambia l’Iva per i trattamenti estetici/ foto Ansa

Ci sono operazioni chirurgiche da considerare di volta in volta come prestazioni a mero contenuto cosmetico, oppure a tutela della salute. Ricadono in questa duplice natura interventi come la blefaroplastica che solleva la palpebra cadente. Questo migliora l’estetica del volto ringiovanendolo, ma di fatto in molti casi va a ripristinare il campo visivo compromesso dal cedimento della palpebra. Possono avere natura ibrida anche le operazioni al seno come la mastoplastica additiva o riduttiva e la rinoplastica. Proprio riguardo a tale classificazione, sono sorte numerose controversie che la Corte di Cassazione ha provato a dirimere con l’ordinanza 26906 del 13 settembre 2022 in cui chiarisce qual è il discrimine e quindi per quali interventi di chirurgia estetica non si paga l’Iva.

Il caso

In seguito a verifiche della Guardia di Finanza nei confronti di un medico chirurgo plastico, è emerso che lo stesso aveva compilato ricevute per le prestazioni e che nelle stesse non era stata addebitata l’Iva. Si trattava di interventi come lipoaspirazione, asportazione di tessuto adiposo peripalpebrale, lipofilling, ritidectomia e simili.

In relazione a ogni intervento, il chirurgo aveva qualificato lo stesso come «trattamento sanitario con scopo diagnositco o curativo», oppure come trattamento estetico con scopo cosmetico. L’ufficio, in contrasto con la classificazione del medico, per queste prestazioni aveva provveduto al recupero dell’Iva non versata con aliquota ordinaria (22%), ritenendo che l’esenzione di imposta fosse dovuta solo nel caso di trattamenti finalizzati a diagnosticare, curare o guarire da malattie anche di carattere psicologico, ovvero tutelare, mantenere o ristabilire la salute delle persone. Il chirurgo avverso questo provvedimento ha proposto ricorso e la Commissione tributaria provinciale lo ha accolto. Questa ha basato la sua decisione sul fatto che solo al medico deve riconoscersi la possibilità di valutare la natura di un intervento. Infatti anche un’operazione meramente estetica può assumere una finalità terapeutica sotto il profilo psicologico.

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