Il reddito di Cittadinanza verrà modificato da Giorgia Meloni. previste novità già nel 2023.
Il nuovo governo di Giorgia Meloni cambierà il reddito di cittadinanza. La presidente del Consiglio dei Ministri ha confermato anche per il 2023 il sussidio ma ha già pronte alcune importanti modifiche rispetto a quanto previsto oggi. Molto passa dalla riforma dell’ISEE che inevitabilmente avrà un peso sui precettori del reddito. Vediamo in cosa consiste.
L’attenzione del nuovo governo è sulle proprietà immobiliari, che tendono a rendere il calcolo dell’Isee impreciso. Se una famiglia possiede più immobili avrà un Isee più alto (e non potrà accedere perciò ad alcuni benefici economici) ma non è detto che le case in questione diano alla famiglia più entrate.
Fra le ipotesi sul tavolo c’è l’idea di dare meno peso alle proprietà diverse dalla prima casa che risultano sfitte oppure ottenute tramite eredità. In quest’ultimo caso, la modifica si applicherebbe in particolare quando la proprietà risulta essere in condivisione. In alternativa si ipotizza di portare la franchigia da 52mila a 80mila euro.
Quest’ultima soluzione porterebbe benefici a quelle famiglie che hanno nel proprio patrimonio case di proprietà: il valore finale dell’Isee si ridurrebbe e aumenterebbero così i bonus o i sostegni economici cui avrebbero diritto. Oggi per avere il reddito di cittadinanza serve un ISEE con valore inferiore a 9.360 euro.
Giorgia Meloni intende dunque cambiare il reddito di cittadinanza. La prima novità sono il numero di offerte di lavoro che si potranno rifiutare. Le proposte congrue non potranno essere più rifiutate: chi è nella condizione di poter lavorare deve andarci qualora gli si proponga la possibilità. Altrimenti non potrà più percepire il reddito.
Oggi chi rifiuta nei primi 18 mesi la prima offerta di lavoro subirà soltanto una decurtazione pari a 5 euro al mese. Al secondo rifiuto invece scatta la decadenza del reddito di cittadinanza con l’impossibilità di presentare domanda per i successivi 18 mesi. Il Governo vuole inoltre porre anche un freno ai continui rinnovi successivi ai 18 mesi. L’idea è quella di ridurre l’importo del reddito dopo il primo rinnovo.
Anche i sindacati sono stati coinvolti in questa situazione. L’idea di quest’ultimi è certamente favorevole alla creazione di posti di lavoro anziché del sussidio a patto che le offerte ai precettori del reddito siano dignitose e non inferiori alle retribuzioni dei vari contratti nazionali.